Federico Bria
5/5
Arriviamo di sera, il locale è ancora vuoto. A riempirlo, il calore del grande camino e il sorriso gentile di Giuseppe, di sua moglie e dei tre figli.
Il vino in tavola è, allo stesso tempo, un invito e un biglietto da visita. Significa accoglienza e trasmette un messaggio di genuinità, la stessa che l'ha generato dalla vigna vicina.
Quando inizia la girandola dei piatti non siamo ancora consapevoli della giostra che sta per mettersi in moto. Lo scopriremo in poco tempo, in un vortice di sapori genuini che deliziano il palato.
Far girare la testa è il compito delle caraffe di vino che si alternano come nel gioco delle tre carte, senza che nessuno capisca quale rimane e quale va via. Il bicchiere, però, è sempre pieno: mistero!
Arriva l'antipasto, ma c'è il trucco.
È un piatto con affettati vari, olive schiacciate, una polpetta, una crocchetta di riso e un pezzo di formaggio pecorino. I sapori sono esplosivi ma qui non c'è segreto: è tutta produzione propria. Giuseppe alleva maialini neri di Calabria, li cresce allo stato brado e li macella personalmente. Ecco spiegato il caleidoscopio di sapori che riempie la bocca.
Quando finiamo di gustare gli affettati scopriamo il trucco: quello è solo il primo di 9 piatti diversi che compongono l'antipasto.
Penserete: 9 assaggi. Sbagliato.
Lorenzo fa via vai dalla cucina e, dopo gli affettati, serve in tavola:
- ciambotta di pane tostato ripiena di broccoli di rapa e salsiccia;
- bignè di pasta con miele, nduja e mele;
- ragù di carne con pane tostato
- lardo di colonnata su pane tostato;
- patate al forno caramellate e con ripieno di prosciutto;
- broccoli di rapa con salsiccia di fegato;
- pastelle di patate fritte con origano;
- costine di maiale al ragù.
Questo è il parco antipasti; un po' come entrare nella scuderia macchine della Ferrari e restare incantati riempiendo gli occhi di rosso.
Noi ci siamo riempiti lo stomaco, seducendo il palato.
Onestamente, avremmo potuto fermarci lì.
Segnalo, ma solo per gusto personale, la squisita bontà del ragù, che sarebbe piaciuto anche a Eduardo.
Per primo scegliamo un assaggio (tranquilli, è solo un modo per dire che ci siamo limitati ad un piatto normale) di paccheri alle noci con crema di broccoli.
Gusto delicato e convincente.
Per secondo, tagliata di maiale. Personalmente avrei preferito una cottura un po' più al sangue, ma - impegnato in un tête-à-tête con Bacco, il dio del vino ? - non l'ho fatto presente.
Dopo la tagliata - in un moto di improvvida ribellione che i bookmaker quotavano a 600 - abbiamo deciso di rinunciare alle patate 'mpacchiuse, scrivendo una pagina di storia dell'Accademia degli Inappetenti.
La sorprendente determinazione durava lo spazio di un minuto, cadendo miseramente di fronte al cesto di frutta fresca, alla frutta secca e, dulcis in fundo, alla crostata schiacciata ripiena di marmellata di ciliegie.
A innaffiare il finale, amaro Manfredi made in Dipignano.
Siamo rimasti nel locale di Giuseppe - a proposito, agricolo è agricolo, ma lo street food che c'entra? - più di quattro ore, trascorrendo il tempo in tranquilla armonia, lasciandoci contagiare dalla serenità dell'ambiente familiare.
Sulla strada di casa siamo stati angosciati da un dubbio: meglio dire a tutti quanta genuina bontà si racchiude in questo posto fuori mano oppure tenerci la notizia per noi e condividerla solo con pochi, fidati amici?
La mattina dopo, superata brillantemente anche la prova digestione, tutto è più chiaro: la qualità va promossa sempre. E la famiglia Mandarino, che gestisce lo Street Food Agricolo, ne ha tantissima.
Per raggiungere il locale seguire le indicazioni per "Borgo Serafino".
Consigliata la prenotazione.